Nel 2012 mi venne commissionato dai Monaci Benedettini un ritratto di Santo Stefano per l’omonima basilica di Bologna, andando a sostituire una riproduzione degli anni ’60 di una figurina raffigurante il Santo di 20 cm. senza valore che stazionava nella chiesa da mezzo secolo indisturbata.
Accolsi la richiesta come una sfida dal momento che, dopo attente ricerche, mi accorsi che non esistevano molte immagini che rappresentavano il Protomartire. Il problema più grosso fu quello morale: certamente usufruire di modelli contemporanei, come avrebbe fatto Caravaggio, mi avrebbe portato a produrre un falso anacronistico e quindi non mi restava che inventarlo, interpretarlo attraverso il mio sentire. Partii allora dal dato di fatto che la pittura medievale non era consona al mio stile e così la costruzione della mia idea del Santo nacque da alcuni fondamenti. Si fece largo nella mia testa l’idea che non poteva essere un’immagine, seppur inventata, nata esclusivamente da una pittura: doveva invece rappresentare una statua argentata, come un reliquario barocco, lontano dalle poche iconografie del Santo. Doveva anche rappresentare un uomo sofferente per la lapidazione ricevuta, sanguinante, ma ancora amoroso come un Padre, immerso sia nella cultura greco-romana, sia in quella giudaica, in quanto molto probabilmente era un ebreo educato secondo la cultura greca, ma da loro giustiziato per blasfemia (Sinedrio, supremo consiglio dei giudei).
Il risultato fu un’opera pittoriche che molti percepirono come un’immagine scaturita da un ologramma. Questo effetto era esistente fino a quando il quadro rimase appeso nella navata centrale della Basilica. Una decisione presa arbitrariamente dalla Sovraintendenza ai Beni culturali (con la ridicola giustificazione che offuscava le altre opere della chiesa, come quella di Giovanni Agostino da Lodi di Tintoretto e di Benedetto Carbarelli) costrinse i Monaci a riporlo nel Museo della Basilica. Rimasi per molto tempo costernato nel vedere la mia opera tolta ai fedeli che già da tempo pregavano ed accendevano candele al cospetto del mio quadro. Mi rallegrai comunque che l’opera fosse in un museo che ospita reliquari, dipinti e affreschi di scuola bolognese, veneta e toscana (tra il XIII° e il XVIII° secolo, Simone dei Crocifissi, Michele di Matteo e Alessandro Tiarini).
Purtroppo, il quadro fu nuovamente spostato dal Museo all’entrata in mezzo a prodotti alimentari e magliette prodotte dai Benedettini per i turisti. A tutt’oggi soffro per queste decisioni prese principalmente da un’istituzione che nulla ha a che vedere con la religione e soprattutto con la fede dei credenti che si inginocchiavano di fronte alla mia opera.
Spero ancora che Il mio quadro torni al suo originale posto nella navata centrale e possa nuovamente oggetto di culto. La mia opera Ritratto di Santo Stefano fu benedetta durante la messa, presenziata da Don Bento Albertin, priore dei Monaci Benedettini della Basilica di Santo Stefano, il giorno 26 dicembre 2013 di fronte a molte decine di fedeli.
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